Giorno 2 Il tempio, la pagoda e il mare

Ningbo-Pu Tuo Shan / Pu Tuo Shan - Ningbo

Dopo aver accuratamente evitato di far colazione in albergo, terrorizzati dal buffet cinese che di solito offre al malcapitato: maiale in agrodolce, uova dall'aspetto anziano, porridge di riso insapore e salsicce dolci (se sei proprio fortunato), la famiglia Bai decide di recarsi nel solito Mc Donald onnipresente in Cina. Il Mc Donald e il KFC in Cina sono come le chiese in Italia. Ergendosi sul campanile (in piedi sulla M gialla) riusciresti a scorgerne almeno altre tre.

Per controllare l'auto in sosta vietata e stracolma di provviste la famigliola si posiziona in vetrina pensando così di poter allo stesso tempo piacevolmente spiare i passanti. Si accorgerà a breve che in realtà la vetrina si è trasformata in una sorta di tv per passanti, inclusi gli interessatissimi barboni che grattano i vetri mettendo in serio disagio la famigliola.

Dopo questa trista avventura si parte per Putuo Shan, uno dei quattro monti sacri del buddismo.Sulla strada incontriamo un paesaggio alquanto strano. Ponti lunghissimi e affascinanti che uniscono le varie isole dell'arcipelago. 

Più che lidi selvaggi sembrano luoghi logistici per lo stoccaggio della benzina, ovunque porti e gru, come al solito in movimento.Arriviamo a Zhou Shan e parcheggiamo la macchina perché ci aspetta il battello che ci porterà a destinazione. 
Ci aspetta... in realtà la prassi è un pò diversa. 
Ci ficcano, come bestiame negli allevamenti, in file stipate che zigzagando ci conducono verso porte che via via si chiudono alle nostre spalle. Tutti hanno deciso di venire a visitare questo luogo proprio oggi? 
Ci sentiamo in trappola e allora decidiamo di smetterla di interrogarci e rassegnarci al nostro destino. Del resto è sabato, in Cina qualsiasi luogo è gremito di migliaia di persone e in più questo è un luogo famoso.
E del resto c'e' chi per raggiungere la meta ha scelto vie ben piu' complesse.
Ecco un monaco che avanza alzandosi, facendo una specie di genuflessione e sdraiandosi nuovamente a terra.
Dopo quasi un'ora di attesa per salire e una mezz'oretta di battello giungiamo alla famigerata isola.
C'è un fiume di gente. 
Ci dirigiamo verso il mare. 
La prima volta tra noi e un mare cinese. Vecchiette ci superano agguerrite con i loro mocassini.
Gedeone fa notare che la guida Mondadori dovrebbe cambiare la dicitura "mare blu" con  "mar marrone".
Dopo aver camminato in spiaggia ci uniamo all'orda verso l'attrattiva principale: 33 m di dea dorata. La dea Nanhai Guanyin, dea della pietà e della compassione.
Cara dea non ti facciamo pietà qui stipati come formiche al tuo cospetto?
fiori e frutta in vendita per la dea
Dopo aver bruciato incenso 
e tirato monete cercando di farle rimanere incastrate nell'incensiere e nelle statue ci facciamo trasportare di nuovo dall'onda allo sbaraglio.
Camminiamo verso il tempio di Puji e intanto, wow, le persone diventano sempre meno. Arriviamo alla spiaggia dei cento gradini e siamo ormai in pochi.
E lo spettacolo vale la pena.
Il mare e la pagoda. Strana e mistica visione per dei liguri con il mare nel cuore.
Il momento magico, appena superata la roccia, è però interrotto bruscamente da Bussola che esclama: "ho sempre sognato di guidare sulla spiaggia".
"?"
Ed ecco la visione commerciale: minuscoli fuoristrada per acchiappacitrulli. Eccoci!
Preziosetta sembra Crudelia Demon ed è felice di aver guidato per la prima volta. Bai LuJi, la sua passeggera, decisamente meno.
Sarà però ciò che seguirà dopo questa avventura a farci dimenticare del tutto code, spazio vitale ridotto ai minimi termini e continui chiacchiericci molesti. Arrivate ormai le 6.20 rimaniamo soli sulla strada del ritorno (per i cinesi è l'ora della pappa). 
Ci troviamo su una stradina secondaria (presa naturalmente per errore), non ci sono lampioni e nei quaranta minuti di strada che percorriamo incontriamo solo due monaci.
C'è silenzio, ci sono le stelle. Ci erano mancate tanto senza che ce ne fossimo accorti. 
C'è il mare che batte il suo incessante respiro, anche da qui. 
Ci sono campicelli di tè che costeggiano il sentiero.
C'è il monastero affacciato su uno specchio d'acqua gremito di rane che gracidano. 
E infine, a dirci addio con le sue foglie agitate dal vento della sera, un sambuco secolare.

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